Meri Luis, un mondo surreale senza monotonia

“Meri Luis” è il quinto brano dell’album “Dalla” (1980). La canzone è un pezzo dal quale non rimasi colpito al primo ascolto, a lungo l’ho considerato un’opera di contorno tra “Balla, balla ballerino” e “Futura”. Un giorno ebbi la curiosità di indagare più approfonditamente il racconto della canzone, conscio che in essa vi era nascosto un messaggio che non riuscivo a cogliere. Indagando in maniera più accurata il messaggio del brano ne rimasi innamorato e ad oggi la considerto tra le canzoni più belle e meno blasonate di Dalla. Ho deciso di parlare di questa canzone mentre viaggiavo su un treno diretto a casa, interrogandomi su quale fosse il miglior autore e il miglior brano da trattare dopo aver scritto di “Chiamami ancora amore”, dalla riproduzione casuale del mio telefono partì questo brano e subito sentii il bisogno di doverne parlare.

Dalla apre il brano introducendo i protagonisti del racconto: un regista sta aspettando impaziente la star del suo prossimo film all’interno di un ristorante, un giovane barista è desideroso che il padrone se ne vada per potersi sedere e godere qualche minuto di riposo, un dentista è già coi pensieri a Sabato, giorno in cui sarebbe andato con la moglie e i tre figli al mare ed un taxista è fermo al posteggio in attesa di un cliente. Infine c’è colei che dà il nome alla canzone: Meri Luis la quale tutte le sere alle sette ed un quarto aspettava l’autobus con lo sguardo perso verso l’alto come a volersi distaccare dal mondo che la circonda. Di lei Dalla non concede altre informazioni al di fuori delle sue grandi tette.

Dalla interrompe il racconto per riflettere su quanto il tempo scorra freneticamente e non ci sia modo di arrestarlo.

Questa vita che passa accanto e con le mani ti saluta e fa bye bye

Questa vita un po’ umida di pianto con i giorni messi male

Vista dall’alto sembra un treno che non finisce mai.

Neppure se è coperta dalla neve

O se sparisce sotto terra e non si vede

Si ferma un attimo

Tutti questi personaggi sono accomunati dalla monotonia con la quale trascorrono la loro esistenza, questa caratteristica spinge Dalla a paragonare il regista ad un morto con in mano un bicchiere. Di fronte a questa ripetitività il cantautore bolognese si pone una domanda: cosa accadrebbe se si uscisse da questo ciclo? Cosa succederebbe se ognuno di questi personaggi abbandonasse la propria comfort zone?

Ma, dio mio, e se si provasse a trattenere il respiro

Se si cercasse, se si provasse di fermare il giro.

A seguito di queste domande Dalla si immagina un mondo surreale nel quale i protagonisti della canzone agiscono in maniera differente, in contrasto alla ripetitività delle loro mansioni. Il regista manda a quel paese la star, il barista se ne infischia del padrone e prende un treno per andare al mare, il dentista si innamora di un dente ed invece di trapanarlo lo accarezza come fosse il suo tesoro ed il taxista al posto che attendere un cliente sceglie di andare a pescare. Meri Luis abbassa finalmente lo sguardo e si accorge del mondo che la circonda, si lascia andare all’amore concedendosi all’amico attratto dalle sue grandi tette. Tutto ciò è vissuto dalla ragazza come una liberazione e rivolge una benedizione al cielo per ciò che le sta accadendo.

Meri Luis finalmente ha deciso che l’amore è bello

Ha abbassato gli occhi e si è lasciata andare

Ha benedetto il cielo come fosse un fratello

Per le sue belle tette e per l’amico che le vuole toccare

Sorgerà spontaneo all’ascoltatore domandarsi cosa sia meglio fare: persistere nella monotonia o cercare di interrompere il ciclo indipendentemente dalle conseguenze di questa decisione? Dalla stesso propone il quesito sul finire della canzone ma non dà la sua risposta, l’unica cosa che vuol sottolineare è che in fondo la vita è bella ed è bello poterla cantare.

Adesso, mio dio, dimmi cosa devo fare

Se devo farla a pezzi questa mia vita

Oppure sedermi e guardarla passare

Però la vita com’è bella

E come è bello poterla cantare.

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